La maggior parte di noi percepisce il proprio lavoro come un dovere, un obbligo, un compito vincolante, che ci consente come contropartita “una vita normale”. Questa percezione è riconducibile all’etimologia stessa della parola: Lavoro deriva infatti dal latino labor, “fatica”. Da ciò se ne deduce che andare a lavorare significa per molti “andare a faticare”.
Accade, dunque, questo, nella maggior parte dei casi: noi non vorremmo andare a lavorare, ma ci andiamo lo stesso, procurandoci frustrazione, noia, fatica, e un forte conseguente stress, che spesso culmina in gravi patologie. E allora viene da chiedersi: perché ci andiamo? Perché ne abbiamo bisogno, per il secondo fine dello stipendio, che ci gratifica per un istante, dopo avere affrontato controvoglia 30 giorni di “fatica”. È dunque comprensibile che a fine giornata proviamo stanchezza, un prosciugamento della vita che ci fa aver bisogno di riposo, di una vacanza, e del divertimento fine a se stesso.
Nella nostra giornata lavorativa, stiamo svolgendo un compito a cui ci siamo vincolati, in modo meccanico, sterile. Come se fossimo nella ruota del criceto, facciamo tanti passi che non portano da nessuna parte, disperdendo energie fisiche ed emotive. Al contrario, come abbiamo visto in questo articolo, nella propria opera quotidiana ognuno di noi esprime e crea tecnologia che veicola arte; siamo fecondi e produttivi quando creiamo una nuova forma che esprime ciò che siamo. Quando andiamo a lavorare solo per “portare la pagnotta a casa”, la nostra arte invece viene asservita al secondo fine dello stipendio.
Se iniziassimo, quindi, a vedere la nostra opera quotidiana come un’espressione di ciò che siamo, godendo di quei risultati, nutrendoci di quell’esperienza e della conoscenza che da essa deriva, e ottenendo, come effetto collaterale, lo stipendio a fine mese, cambierebbe tutto. Non avremmo bisogno che qualcuno certifichi in qualche modo il nostro lavoro, perché la modalità con cui lo svolgiamo, utilizzandolo come strumento di indagine ed esplorazione, ai fini della conoscenza, sarebbe già oltremodo gratificante per noi stessi.