A cosa serve la Legge? Perché l’essere umano ha bisogno di un sistema giudiziario, al contrario degli altri enti del sistema naturale? Si tratta di una questione dibattuta per secoli. In ambito filosofico, ad esempio, Hobbes giunse alla conclusione che, se l’uomo fosse lasciato completamente libero di compiere qualunque azione, si giungerebbe alla condizione definibile come homo homini lupus. In altre parole si scatenerebbe una guerra senza fine, di prevaricazione l’uno sull’altro. Ecco perché il filosofo ritiene necessaria la stipulazione di un contratto sociale, che limiti le libertà del singolo per preservare la sopravvivenza dell’intero. Un’altra prospettiva filosofica interessante è quella di Locke, che mette l’accento sull’esigenza di un limite alla libertà dato dall’uso della ragione, che di per sé impedirebbe all’uomo di arrivare all’autodistruzione di se stesso e dell’intero di cui fa parte.

Se ci guardiamo intorno, però, possiamo facilmente osservare che questo limite non esiste. Un contesto in cui si trovano a convivere più esseri umani è per forza di cose regolamentato da norme precise, altrimenti sarebbe il caos. Possiamo sperimentarlo direttamente già nelle piccole azioni “scorrette” della quotidianità, in quei contesti in cui vigono delle regole implicite ma che non comportano sanzioni o punizioni di altro tipo. Pensiamo ad esempio alla diffusa incuria di gettare rifiuti per strada o dal finestrino, all’atto di viaggiare senza biglietto, di spintonare le persone in una fila, allo spreco di acqua, riscaldamento e cibo quando andiamo in un albergo, e così via. Svolgiamo queste azioni con il pensiero che “tanto nessuno ci vede”, e che comunque “non è casa nostra”.

Da cosa deriva questo senso di irresponsabilità e di egoismo? È sicuramente dato dalla percezione di essere separati dal contesto contingente di cui si fa parte: l’albergo, la strada, la scuola, e da quello più grande che li contiene: il sistema naturale. Vediamo meglio questa dinamica. L’individuo che sta facendo esperienza di sé dentro a un corpo fisico deve fare i conti con l’azione del principio egoista, di cui abbiamo parlato ad esempio in questo articolo. Essendo esso un’entità illusoria, non ha uno scopo, poiché l’ha perduto, e non percepisce l’interconnessione con ogni cosa; dunque la sua azione è del tutto concentrata sulla difesa del “proprio orticello”, delle proprie convinzioni, e induce l’individuo a concentrarsi esclusivamente sul proprio tornaconto personale.

Dobbiamo rassegnarci quindi al fatto che nella società, ovvero nella nostra parte variabile, ci sarà sempre un controllore, un’entità sanzionatoria che funga da deterrente verso la tentazione di agire contro noi stessi e chi abbiamo intorno? Finché l’azione del principio egoista sarà predominante, si, perché ciò che vediamo fuori è lo specchio di ciò che siamo. Possiamo comunque iniziare a indagare quali sono le nostre azioni di sabotaggio nella vita quotidiana, comprendendo inoltre che l’obiettivo non è quello di seguire le regole per la paura delle conseguenze, ma quello di responsabilizzarsi, agendo con intelligenza, e rilevando che la nostra funzione e unicità hanno senso solo perché si esprimono in un contesto, un contesto che a sua volta ci nutre perché facciamo parte di esso.

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