Una delle caratteristiche che possiamo facilmente dedurre sulla natura dell’informazione, è che essa non è un oggetto statico e stanziale, bensì è dinamica e fertile, poiché si realizza nell’interazione con differenti contesti che le permettono di evolvere, e di produrre nuove forme. Possiamo approfondire questo ragionamento guardando ogni cosa che esiste come informazione, poiché ogni forma per esprimere la propria identità deve interagire con altre forme, e avere una giusta posizione che le dia un senso nel contesto in cui si trova.
Dal punto di vista cognitivo e del linguaggio, la natura dinamica e fertile dell’informazione si declina nelle due metà domanda e risposta. Nonostante sembri nascere prima la domanda, in realtà essa sorge perché da un’altra parte è già contenuta una risposta, che deve esprimersi e completarsi. Ciò che fa sorgere in noi una domanda, oltre alla percezione interiore di avere un vuoto da colmare, è la presenza di elementi informativi che stanziano nella nostra memoria di lavoro, ai quali non riusciamo a dare un senso, come se fossero i pezzi di un puzzle sparsi per terra. Potremmo dire che dentro di noi c’è un disordine che ha bisogno di essere messo in ordine, ovvero ogni pezzo dell’immaginario puzzle deve essere messo nella giusta posizione, che è in sequenza con quella di tutti gli altri pezzi della figura.
Occorre tenere presente che se dentro di noi qualcosa ha bisogno di essere messo in ordine, ovvero di essere sperimentato e conosciuto, ma non viene considerato, esso rimarrà inerte a intasare lo spazio di memoria di lavoro indispensabile a gestire altri processi cognitivi. In questo caso, sarà il corpo fisico stesso a chiedere una risoluzione a sua salvaguardia. Pensiamo ad esempio alle volte in cui a scuola abbiamo assistito a una lezione complessa, o abbiamo studiato un libro in cui erano presenti termini tecnici: se non abbiamo chiarito i termini a noi ignoti, alla fine dello studio ci saremo probabilmente sentiti esausti. Infatti, quando il sistema di memoria di lavoro va in sovraccarico, il corpo ci fa “scaricare”, a volte con uno sbadiglio, con una risatina, o addirittura facendoci addormentare.
La soluzione più efficiente per ovviare a questo inutile processo di scarico, consiste nel mettere a frutto il disordine dei dati sparsi nella nostra memoria, formulando una domanda. L’espressione di un quesito che viene da dentro non è la mera soddisfazione di una curiosità, bensì un’operazione di intelligenza. Per chiedere qualcosa dobbiamo infatti avere prima chiaro dentro di noi cosa desideriamo sapere; per questo motivo, quando abbiamo in mente un quesito, significa che abbiamo messo insieme gli elementi che lo compongono, per far sì che esso si completi con la sua risposta, che già esiste. Non esistono in assoluto domande stupide, geniali, utili, futili, anche perché ogni domanda rappresenta lo stato di chi la sta facendo, ed è influenzata dalle circostanze e dal contesto in cui egli si trova. Esistono invece informazioni che richiedono di essere ordinate in una sequenza coerente, per poter evolvere attraverso una domanda e la sua corrispondente metà.