Quando si parla di fede e avere fede, l’immagine che in molti può sorgere è la speranza che le cose vadano secondo le proprie aspettative. Per quanto riguarda la fede religiosa nell’esistenza di un’Intelligenza superiore, essa è impostata come un dogma, un credo senza prove. D’altronde è la stessa etimologia della parola a indicarlo: Fede deriva dalla radice latina fid, che equivale al greco peith-ô e peith-omai, “persuado, avvinco” e “sono persuaso, credo”. In questo contesto, indagheremo invece la fede da un’altra prospettiva.
Partiamo da un’ulteriore interpretazione etimologica della parola, che la fa originare dal sanscrito budh yate, “osservare, conoscere”, dal quale deriva il participio passato buddha, “l’osservato”. In estrema sintesi, possiamo dire che avere fede è verificare l’ovvio, ciò che abbiamo di fronte in ogni istante. Ognuno di noi, almeno una volta si sarà probabilmente posto le classiche domande: da dove vengo, cosa sono e qual è il mio destino. La risposta è molto più semplice di quanto ci si possa aspettare, e forse lo è troppo per alcuni, che al contrario preferiscono credere e avere fede in qualcosa di perennemente irraggiungibile. Guardandoci intorno e osservando il sistema in cui abitiamo, vediamo che tutto funziona in modo perfettamente sincronizzato, e ogni forma ha una precisa funzione che la rende compatibile con tutte le altre. Dunque, per avere fede che tutto questo non sia stato generato dal caso, basta solo indagarlo.
Focalizziamoci, ad esempio, su una di quelle prove ovvie che rendono inevitabile l’avere fede. Il nostro movimento nella quotidianità e l’esperienza che facciamo nel corso dell’esistenza non sono frutto del caso; al contrario, possiamo rilevare un filo conduttore negli eventi della nostra vita e in quello che “scegliamo” di seguire. Così come avviene per ogni storia narrata, anche la nostra ha una trama e dei personaggi descritti accuratamente dall’autore, che superano mille avversità per muoversi verso un obiettivo. Se così non fosse, ci muoveremmo in modo randomico nel contesto in cui abitiamo; anzi, probabilmente non lo faremmo affatto, resteremmo fermi come il personaggio di un videogioco che non riceve indicazioni dal giocatore. Immaginiamo, infatti, di prendere in mano una copia del Signore degli Anelli, in cui tutto, invece di essere già scritto, viene lasciato al caso. All’inizio della storia troveremmo quindi Frodo, Gandalf e Pipino bloccati per strada, che fanno una riunione organizzativa per decidere cosa fare. Ognuno dice la sua, e nessuno ha idea di dove andare, cosa fare e perché. Come sarebbe un libro scritto cosi? Incomprensibile.
Perciò, quando ad esempio ci troviamo in un momento della vita pieno di difficoltà, dolore e indecisione, se abbiamo fede e ricordiamo di essere i protagonisti di un libro scritto per filo e per segno da un Autore, quel capitolo diventerà per noi una sfida formativa e una testimonianza inequivocabile della Sua esistenza. Non riusciremo a vedere cosa c’è al di là di ciò che vediamo, ma riusciremo a fare quel passo, certi che ciò che si parerà davanti sarà stato approntato lì proprio per noi.