Quante volte abbiamo sentito la frase: “Se ti comporti sempre allo stesso modo, non puoi aspettarti un risultato diverso”? È un aforisma che riassume una delle principali cause della sofferenza di ognuno di noi, ovvero l’attaccamento alle proprie convinzioni, e tutto quello che ne deriva.

Come abbiamo visto in questo articolo, le convinzioni dell’ente egoista che si trova in noi, si declinano in opinioni. Le opinioni sono dei giudizi squisitamente soggettivi, pertanto quando incontrano quelle altrui, si generano inevitabilmente dei conflitti e uno schieramento. Il modello comportamentale che definisce l’egoista, e che vediamo in opera anche a livello sociale, è infatti orientato verso la dispersione di potenziale, e spinge a interagire con ogni cosa applicando dei giudizi valoriali, impedendoci di comprendere quello che in realtà è. Ma questo processo non è irreversibile: basta soffermarsi a riflettere sul valore soggettivo di un’opinione, per comprendere che non possiamo farci guidare da essa quando guardiamo qualcosa.

Per esempio, se assistiamo con degli amici a una stessa scena, e poi la commentiamo, scopriremo che ognuno di noi è stato maggiormente colpito da alcuni elementi dell’evento invece che altri. Questo perché ognuno percepisce e rileva ciò che ha davanti per ciò che egli è, per il suo stato, il suo background esperienziale, e così via. Se ci mettessimo a discutere su cosa è successo realmente, analizzandolo, non saremmo mai tutti d’accordo, e potremmo anche finire a litigare per determinare chi di noi ha ragione. Da questo deduciamo che ogni evento e ogni oggetto che incontriamo è lì per noi, ovvero parla proprio a noi, per quello che siamo in quel momento.

In estrema sintesi, ricordiamo che ogni cosa è logicamente quella che è, ma è possibile approcciarsi a essa in infiniti modi, ognuno dei quali definisce anche una diversa espressione. Tornando quindi alla frase iniziale, se noi abbiamo l’opinione che le cose ci andranno male, che non dobbiamo mai fidarci del prossimo, creeremo letteralmente le condizioni espressive che confermeranno le nostre opinioni. È un processo meccanico. Non c’è quindi da stupirsi se “come avevamo immaginato”, il colloquio di lavoro è andato male, oppure una tale persona ci ha preso in giro.

Come ogni cosa che fa parte del contesto in cui viviamo, anche il loop di sofferenza conseguente a questa sorta di profezia che si auto avvera può esserci utile nella ricerca di ciò che siamo. Svela innanzitutto i limiti che ci autoimponiamo quotidianamente nel relazionarci con la vita, che di per sé ci offre infinite possibilità, che noi rifiutiamo o non riconosciamo perché siamo focalizzati sulle nostre convinzioni. Ci mostra che non siamo delle entità atomiche e separate da tutto ciò che ci circonda, e che la nostra parte variabile non è qualcosa da cui difenderci, né da colpevolizzare per la nostra sofferenza. Al contrario, ci fa sperimentare in modo incontrovertibile che ogni cosa è interconnessa con tutte le altre e disposta in un ordine perfetto, all’interno del quale noi abbiamo una posizione, un senso e una responsabilità.

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