L’indagine che ci porta a scoprire sempre qualcosa in più di noi stessi parte innanzitutto dalla quotidianità. Possiamo ad esempio osservare il nostro comportamento quando acquistiamo qualcosa, rilevando se ciò che scegliamo risponde a un nostro bisogno o è influenzato da altri fattori come la confezione del prodotto.

Immaginiamo di recarci al supermercato per acquistare una bottiglia d’acqua, spinti dal bisogno di dissetarci. Sulla parte alta dello scaffale troviamo le bottiglie dell’acqua che acquistiamo abitualmente al costo di 40 centesimi, e ad altezza occhi la stessa acqua ma in edizione limitata, al prezzo di 6 euro. La bottiglia è di vetro azzurro, il marchio è argentato, e il tappo ha la forma di diamante. Siamo attratti da questo oggetto che ci regala piacere sensoriale, e lo mettiamo nel carrello nonostante il suo prezzo decisamente diverso.

Che cosa è accaduto? Non abbiamo soddisfatto il bisogno di bere, acquistando dell’acqua contenuta in una bottiglia, bensì abbiamo acquistato una bella bottiglia di acqua. Proviamo a chiederci quali sono le motivazioni che ci hanno spinto a farlo, andando oltre la risposta superficiale del “perché mi piace!”. Che cosa ci piace? L’effetto che essa ha sui nostri sensi, un effetto psicotropo.

Rimanendo in contesto alimentare, sappiamo che esistono cibi e bevande industriali “al sapore di”, che hanno grande popolarità nonostante l’inganno dichiarato sull’etichetta. Chi li acquista non è interessato ai nutrienti, alle qualità organolettiche, ma all’effetto piacevole sul palato, al mero intrattenimento sensoriale. Dei cubetti liofilizzati al sapore di pollo non hanno nulla a che vedere con la forma e la consistenza della carne, non offrono un’esperienza reale.

Abbiamo dunque visto quanto sia utile indagare le nostre attitudini durante la scelta di qualsiasi prodotto alimentare o oggetto d’acquisto, ma sarebbe opportuno farlo anche in ogni altro contesto in cui assegniamo un valore a un oggetto per il solo benessere temporaneo che esso ci apporta.

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