“Quello che dici non mi convince”, “è un bel maglione, ma il colore non mi convince”, “non sono convinto di iscrivermi all’università”, sono alcuni esempi di frasi che esprimono un dissenso convinto nei confronti di qualcosa. Con un’analisi approfondita, scopriremo che la convinzione descrive un’afflizione correlata al valore e al modello di conformità. Vediamo meglio con un esempio. Gianni e Marta guardano un film: Gianni è entusiasta, viceversa per Marta quello che sta guardando è un “filmetto”. Usciti dalla sala, i due iniziano una discussione su chi abbia ragione, adducendo le proprie motivazioni: uno dice “mi ha ispirato, ha dei paesaggi stupendi, è recitato benissimo”, e l’altra “ i dialoghi sono banali, la trama è scontata”, e ognuno cerca di convincere l’altro. Ma cosa significa convincere? L’etimologia della parola suggerisce “sopraffare qualcuno con argomenti, prove di fatto e ragioni”; è dunque un atto coercitivo, un’imposizione della propria soggettiva opinione.

Quando siamo convinti di qualcosa, la comunicazione diventa ostica, e conduce sempre a un conflitto senza via d’uscita. È la natura illusoria stessa della convinzione a impedirne una risoluzione oggettiva: essa riguarda infatti opinioni soggettive, riferite a una scala di valori piramidale che dipendono, in ultima istanza, da un modello di conformità. Ognuno vede infatti una forma per ciò che egli è, la interpreta, per così dire. Se ci relazioniamo con intento persuasivo con individui altrettanto “convinti”, dunque, il risultato finale sarà una “Torre di Babele”.

Nel percorso di ricerca, la convinzione è un tallone d’Achille, un ostacolo ricorrente, riconoscibile a fatica. Per superare questo vincolo, dobbiamo imparare a guardare un oggetto nella sua essenza. Se viene svestita della convinzione, ogni forma trasporta un’informazione, e non ce n’è una più bella di un’altra; esistono, invece, tanti modi diversi di giungere a una stessa soluzione, ognuno dei quali arricchisce la nostra esperienza.

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