In molti contesti, la filosofia viene oggi considerata una disciplina che si occupa di oggetti astratti ed estranei alla quotidianità, senza alcun fondamento “scientifico”, come invece avrebbero altri campi di ricerca. In realtà, analizzando l’etimologia della parola, e attraverso un’indagine su cosa sia veramente la filosofia e quale sia il suo scopo, scopriremo che il filosofo non è un idealista scollegato dalla vita quotidiana, bensì uno studioso intimamente connesso a tutti i reami della realtà.
Filosofia deriva dal greco antico philein, “amare”, e sophia, “sapienza”, “conoscenza”. Essa viene definita come campo di studi che indaga sul senso dell’essere e dell’esistenza umana, e che tenta di definire la natura della conoscenza, analizzandone le possibilità e i limiti. Se nella nostra osservazione ci focalizziamo su parametri fittizi, infatti, potremmo illuderci che la conoscenza abbia dei limiti; al contrario, essa è potenzialmente infinita. Possiamo studiare un oggetto da molteplici punti di vista e a livelli di profondità sempre più complessi: non basterebbe una vita per avvicinarsi alla comprensione totale dell’essenza di qualcosa. Il limite dunque è nell’osservatore, che blocca la sua indagine e di conseguenza l’espansione del suo orizzonte cognitivo.
Ma cosa è, in estrema sintesi, un filosofo? Un ricercatore innamorato della conoscenza più di ogni altra cosa: egli ha compreso che la conoscenza è l’unico fattore oggettivo che non potrà mai perdere, poiché farà sempre parte di ciò che egli è. L’aspirante filosofo è dunque un ente in formazione, e fa esattamente ciò che l’intera struttura umana è progettata per fare, ovvero Cercare. E cosa c’è di più importante che cercare il senso di ogni cosa e della propria esistenza? La risposta a questi interrogativi filosofici è racchiusa nell’esperienza quotidiana, il campo di ricerca in cui, attraverso le nostre strutture sensoriale e cognitiva, raccogliamo informazioni che diventeranno conoscenza, come vedremo nel prossimo articolo.