Tra le più diffuse aspirazioni umane c’è quella di essere un genio o un grande inventore. Questo è molto allettante, perché i geni – come ad esempio Leonardo da Vinci, che prenderemo come riferimento in questo contesto – sono notoriamente considerati esseri straordinari, di ineguagliabile intelligenza, precursori della propria epoca e inventori di oggetti innovativi. Essi sono, quindi, speciali. In realtà, guardando le cose in modo oggettivo, i cosiddetti geni non hanno nulla in più di qualunque altro essere umano: sono dotati degli stessi strumenti di percezione e indagine della realtà di chiunque. La differenza è che li utilizzano in modo appropriato, ovvero per esplorare con curiosità attiva ciò che li circonda.
In base alle sue più accreditate biografie, l’osservazione e la sperimentazione diretta di ciò che lo circonda sono fondamentali per Da Vinci. Fin da bambino, l’artista disegna i vegetali che incontra in campagna, presumibilmente per comprendere meglio come siano fatti. Per molti anni studia la fillotassi, ovvero la disposizione delle foglie sui rami, l’età degli alberi, le leggi geometriche e matematiche della struttura di una pianta, l’azione della gravità sulla sua crescita e sul movimento della linfa. Il noto pittore è inoltre un fervido studioso: attinge a piene mani dai libri e manuali di ingegneria quattrocentesca e dai trattati militari della sua epoca, dai quali prende ispirazione per i complessi disegni delle sue invenzioni. Quando inoltre ricopre il ruolo di studente e apprendista, andando “a bottega” dal Verrocchio, affina il suo talento, apprendendo il più possibile. Leonardo “ruba” la conoscenza, l’assorbe da ogni cosa che incontra. È costantemente ispirato.
L’ispirazione, infatti, fa sì che noi diventiamo uno strumento per interpretare le informazioni che ci giungono dall’Origine, dall’Autore di ogni cosa, in modo naturale. Guardando il processo creativo in modo afflitto, invece, pensiamo di essere noi quell’origine, e abbiamo paura che la nostra creatura ci possa essere sottratta o copiata. I copyright, i brevetti e le altre forme di proprietà intellettuale sono nati da questa paura. Ignoriamo che quando sorge un’idea, essa si propaga istantaneamente ovunque; da quel momento in poi, ogni cosa la conterrà, e chiunque potrà trarne ispirazione per generare qualcosa di nuovo.
La genialità stessa è correlata al processo generativo. Il termine Genio deriva infatti dal latino genius e dal verbo geno che significa “produrre, generare”, nonché dal sancrito g’ânya, “forza naturale generatrice”. Per la nostra riflessione è interessante anche l’etimologia della parola “inventore”, che deriva dal latino inventus, participio passato di invenire, ovvero “trovare, scoprire cercando, giungere ad una meta”.
In estrema sintesi, “essere un genio” significa dunque attuare un processo di ricerca fertile che conduce ad una scoperta e genera un risultato, ovvero una nuova forma. Nulla di irraggiungibile: è infatti possibile muoversi in questo modo nella quotidianità. Iniziamo con il “farci ispirare” da ogni forma con cui entriamo in relazione. Prendiamo spunto da un film, da un libro, da una musica, dalla struttura di un insetto, dall’osservazione dell’istinto alla caccia del nostro animale domestico. Ogni cosa che esiste è un potenziale oggetto di un’indagine senza fine che porta a sviluppare la genialità intrinseca in ognuno di noi.