Dopo un certo periodo di esperienza di vita, può accadere che scopriamo di esserci approcciati ad alcune cose limitandoci alla sola superficie di esse, senza averne alcuna reale conoscenza. Un sintomo può essere ad esempio il fatto di avere scarsa o nessuna memoria delle materie studiate a scuola, dei corsi frequentati, di ricordare sommariamente i luoghi visitati, e così via. È inoltre presente la sensazione di “non sapere cosa farsene” di tutte le nozioni e informazioni accumulate nel corso della vita. Questa percezione è veritiera: quale utilizzo possono avere tanti nomi o degli oggetti dei quali in realtà non conosciamo il significato? Nessuno.

In molti casi l’apprendimento viene corrotto dall’ignoranza di un’informazione fondamentale: non è possibile studiare cosa sia davvero un oggetto, separandolo dal suo contesto di appartenenza, e dai possibili contesti dei quali esso potrebbe fare parte. Pensiamo alle abitudini o agli oggetti ai quali abbiamo assegnato un valore nella nostra vita; chiediamoci sinceramente di quanti di essi abbiamo una conoscenza approfondita, ovvero del nome che li definisce e dei suoi relativi significati, e che relazione essi avevano con noi. Prendiamo ad esempio lo studio dell’inglese che abbiamo fatto a scuola: in molti casi è risultato sterile. Abbiamo appreso a memoria le regole grammaticali, la pronuncia, e una parte del lessico relativo alla vita quotidiana, ma spesso abbiamo confinato l’uso della lingua al solo ambito scolastico. Cosa ci permetterebbe di conoscere davvero quell’oggetto? Il fatto di metterlo in movimento, ovvero in relazione con altri elementi in diversi contesti, guardando ad esempio dei film in lingua originale, leggendo differenti tipologie di testi, praticandolo in un tandem linguistico, dando informazioni ai turisti della nostra città, e così via. Facendo dunque crescere ciò che l’inglese è per noi e in relazione a noi.

Quando indaghiamo una forma, relazionandola a differenti contesti, è come se generassimo una geometria costituita da cerchi concentrici, in cui ogni cerchio è uno spazio in cui abbiamo fatto esperienza di quell’oggetto. Ognuno di essi contiene quello che lo precede, ed è a sua volta contenuto da quello che lo segue. In questo modo si arricchisce il significato dell’oggetto studiato, ne esploriamo sempre nuove parti, e non perdiamo quelle che già conosciamo.

Per un aspirante filosofo comprendere e mettere in pratica tutto questo è fondamentale, poiché attraverso la forma dinamica di apprendimento appena descritta egli si conosce. Ogni volta che espandiamo questa forma acquisiamo nuove informazioni su noi stessi. Il processo di indagine di sé è infatti un processo di contestualizzazione di ciò che siamo in relazione agli oggetti con i quali interagiamo nella nostra vita.

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