Da sempre l’essere umano si interroga sul senso della sofferenza. Trovare una risposta non è facile, e le cose si complicano nella relazione tra passione e sofferenza. Come mai qualcosa di così intenso e totalizzante, che riempie un nostro vuoto esistenziale, ci provoca dolore? Per comprenderne il perché, analizziamo la dinamica della passione. Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha provato un’intensità emotiva diretta ad un oggetto, così forte da essere incontrollabile e ingovernabile, come un’onda emotiva improvvisa che ci sommerge, facendoci perdere l’ancoraggio su noi stessi. Questa possiamo definirla comunemente passione. Tale ondata emotiva è sempre collegata a una sensazione: è dunque percepibile sensorialmente, la sentiamo nel corpo e, anche quando ne generiamo un’immagine nella mente, essa è comunque correlata a una sensazione fisica.
L’oggetto della passione è fonte di un’attrazione tale che esso ci ipnotizza, e risucchia la nostra attenzione ed energie fino a degenerare talvolta in un’ossessione. Ovviamente, quale sia l’oggetto passionale, dipende da chi siamo: ciò che ci attrae ha il potere di farlo perché siamo compatibili; è come se esso avvertisse una nostra vulnerabilità, nella quale aprire una breccia per accendere il nostro desiderio di possederlo. Questo può avvenire con una persona, con un animale, ma anche ad esempio con la musica, la pittura, il calcio, il fitness, e perfino con il proprio aspetto fisico.
In linea di principio, perché qualcosa diventa “passione”? Perché, finché stiamo cercando noi stessi, e dunque la nostra funzione e il nostro scopo, sentiamo un senso di vuoto che abbiamo bisogno di colmare. Così, quando incontriamo qualcosa che sia in grado di eccitarci e indurci al movimento più di ogni altra, e farci sperimentare sensazioni di una potenza mai provata, essa diventa il centro della nostra vita, il nostro scopo. Iniziamo, dunque, a sviluppare un attaccamento verso l’oggetto, perché abbiamo un’enorme paura di perderlo. Prendiamo, ad esempio, un musicista che è diventato famoso per una canzone in cui descrive la passione per una donna. L’artista continua a suonare quell’unico pezzo per anni, pensando che esso sia l’apice della sua creatività, cristallizzando quell’ispirazione nel tempo: prima o poi non riuscirà più a comporre musica. Se invece egli esplorasse l’emozione grazie alla quale ha creato la canzone, gli si aprirebbero davanti nuove possibilità: potrebbe imparare a suonare un nuovo strumento o collaborare con altri musicisti.
È difficile lasciare andare l’attaccamento suscitato da una passione, ma è possibile farlo: operiamo da ricercatori, e spostiamo lo sguardo dall’oggetto, che è una forma rappresentata, all’entità di quello che sentiamo. Dobbiamo indagare la sensazione che proviamo, il vero potere: esso deriva dalla Passione del Reame della Cause, che ha dato forma a ogni cosa. Il senso della passione è, infatti, quello di mostrarci il potere creativo dell’emozione, e attraverso di essa farci scoprire chi siamo. Se abbiamo l’occasione di sperimentarla nella nostra quotidianità, ci è dunque utile indagarla per scoprire quali porte essa ci sta aprendo: le nuove possibilità che non vediamo perché il nostro sguardo è rivolto verso un oggetto appartenente al passato.