Nel percorso di ricerca di ciò che siamo e del funzionamento di ogni cosa che esiste, occorre partire dall’indagine di ciò di cui facciamo esperienza nella quotidianità. Per esempio, guardandoci intorno, possiamo rilevare che ogni corpo fisico umano è diverso dall’altro. Questo assunto è immediatamente verificabile dal fatto che ognuno di noi ha delle caratteristiche somatiche diverse. Quello che invece non è immediatamente individuabile e richiede un’indagine più approfondita è il fatto che le caratteriste uniche di un essere umano siano molto più profonde della semplice apparenza e forma del corpo fisico, e arrivino fino nell’intimità dell’interiore, di ciò che esso esprime. Potremmo definire tale profondità come la poesia e l’intelligenza che quel corpo esprime, e che si manifesta nello specifico modo di interagire, ovvero nella relazione con ciò che lo circonda. Potremmo inoltre definire tale specificità come talento o arte del corpo.
In questo contesto analizziamo uno dei principali ostacoli che sperimentiamo nell’individuazione di questo talento, e che potremmo chiamare standardizzazione. Ogni contesto sociale è infatti costruito su un preciso modello morale di riferimento, regolato dall’aderenza a determinati parametri di valutazione. Abbiamo definito il corpo come portatore di una specifica intelligenza: nel contesto sociale al quale apparteniamo, l’intelligenza viene valutata secondo uno standard X. Tale standard è definito su un campione medio di umani che si suppone abbiano le medesime caratteristiche; chiunque non rientri nel range dei parametri di quella X è considerato anormale, ed è per così dire inferiore o superiore. Si generano dunque dei valori dualistici illusori che definiscono le persone come capaci o incapaci, geniali o stupide, vincenti o perdenti, e così via. Pensiamo ad esempio all’importanza data al cosiddetto quoziente intellettivo, che si riferisce proprio a questo standard: esso non ha nulla a che fare con la reale capacità dell’intelligenza.
Possiamo comprendere meglio l’insensatezza di uno standard di intelligenza attraverso un esempio. Immaginiamo che nel luogo in cui viviamo lo standard di riferimento sia “camminare”, e che noi fossimo dei volatili: in questo caso saremmo giudicati superiori. Se invece lo standard fosse “volare” e noi fossimo dei pesci, saremmo impossibilitati a farlo, quindi saremmo valutati come inferiori. Nel momento in cui un pesce viene giudicato per la sua incapacità di volare, sarà vincolato nell’espressione della sua unicità. Esso non potrà mai relazionarsi con un’altra intelligenza in modo naturale, perché nel momento in cui cercasse di farlo, si sentirebbe bloccato dal giudizio sulla propria presunta inferiorità, e dunque mostrerebbe solo i suoi aspetti “socialmente accettabili”.
Come possiamo operare nella nostra vita, per superare l’ostacolo della standardizzazione? Rilevando che ogni forma appartenente al sistema naturale è diversa dall’altra e allo stesso tempo interconnessa con tutte le altre, per il raggiungimento di uno scopo e il mantenimento di un equilibrio. Osservando come si esprime la nostra intelligenza, ovvero il modo specifico con il quale ci relazioniamo agli oggetti appartenenti al nostro orizzonte d’esperienza, possiamo iniziare a indagare quale sia la nostra unicità, per farla progressivamente emergere e andare oltre l’ostacolo dell’uniformità morale richiesta da un contesto sociale.