La mente che produce il sogno spesso cerca solo di pareggiare i conti della giornata trascorsa, e di una quotidianità frustrata. A volte invece ha un suo modo di interpretare un modello della vita, o un segnale intimo, traducendolo in una visione comprensibile in questa realtà. Desidero condividere in poche righe un sogno colto dai primi anni di vita in questo mondo, e tradotto dalla mente in una breve storia, che spero possa essere letta tra le righe, e aiutare a guardare a ciò che è stata a lungo la tipica quotidianità umana.

Guardavo il cielo da una finestra, e vedevo innumerevoli uccelli occupati a tendersi agguati e ad aggredirsi ferocemente. Giunse a un tratto una colomba che, planando, atterrò su un cornicione davanti a me. Irradiava purezza, innocenza e desiderio di vivere. Era appena arrivata, e aveva appena provato la bellezza del volo, pronta a tante nuove avventure. In volo arrivò poi un piccione più grosso e gonfio della colomba. Lei lo vide avvicinarsi, e fu felice di poter incontrare qualcuno con cui condividere ciò che provava. Lui atterrò con arroganza e violenza davanti a lei, e con il becco la colpì. Da lei provenne una domanda piena di dispiacere e sofferenza: “Perché fai cosi? Io sono felice di vederti. Non hai bisogno di farmi del male”. Il piccione la colpì di nuovo, e le rispose: “Io ho fame, e tu mi nutrirai”. Lei, disperata, rispose: “Ma anch’io ho fame. Possiamo cercare insieme il nutrimento. Posso darti liberamente ciò che desideri, riempire la tua vita”. Lui, noncurante, la afferrò con le zampe e continuò a colpirla, finché lei, indebolita e ferita, non ebbe più la forza di difendersi. Mentre la mangiava viva, lui continuò a parlare: “Per me sei solo ciò che vedo, e da te prendo ciò che mi serve. Io ho fame e il tuo corpo può sfamarmi, e io lo mangerò. Qui funziona tutto così. È il sistema cannibale che fa funzionare ogni cosa”.

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