La parola Morale indica l’agire “con coscienza”, in relazione ai concetti di “bene” e “male”. Indagandone l’etimologia, scopriremo però che il suo significato è molto più complesso.
Morale deriva dal latino Mos, moris, “costume”, e dalla radice MÂ – misurare. Il termine definisce le regole, la misura delle azioni, le abitudini, i parametri. È morale, dunque, ciò che è conforme al buon costume.
Partendo dal luogo comune nato negli ambienti delle Scienze umane, secondo cui “la morale è una qualità che ci distingue dagli animali”, immaginiamo di applicare un sistema morale a un leone. Ad esempio, sarebbe buona creanza che il leone prima di cacciare la gazzella ruggisca in un certo modo, altrimenti è un cattivo leone; e ancora, quando l’animale insegue la preda, le deve dare un certo vantaggio, altrimenti esso è “immorale”. Infine, mentre la mangia, deve coprirsi la bocca, perché “non sta bene “ che si veda il sangue, e cosi via.
Attraverso questo esempio, scopriamo che la morale è qualcosa che aggiunge a un impulso naturale una serie di complicazioni puramente formali, prive di qualsiasi utilità funzionale. Lo vediamo in tutte le cosiddette convenzioni sociali, per il senso del pudore, la vergogna per le funzioni fisiologiche del corpo o l’espressione delle emozioni in pubblico. Ne consegue che dobbiamo travestire e nascondere i nostri impulsi naturali per renderli socialmente accettabili. Poiché essi sono troppo forti, dobbiamo ammorbidirli; in sostanza, dobbiamo dare a essi un packaging. Questa declinazione della morale è infatti una delle cause dello smodato utilizzo di confezioni e imballaggi, e il principio che guida l’importanza del pacchetto nel marketing.
Per quanto il tema potrebbe essere sviscerato in modo più approfondito, questa sintetica analisi è già un esempio di come un ricercatore, partendo da una semplice etimologia, possa giungere a comprendere il perché di radicate consuetudini della vita sociale.