Ognuno di noi ha un punto debole, un tallone d’Achille, qualcosa che lo blocca nella vita quotidiana, ad esempio l’insicurezza, le paranoie, la timidezza, l’aggressività, il pettegolezzo, la pigrizia, ecc. Anche se ci raccontiamo, ingannando noi stessi, che si tratta solo di “un difettuccio” e che “tanto nessuno è perfetto”, la nostra principale vulnerabilità rappresenta un vero e proprio vincolo che incatena il nostro movimento di esperienza. Tra le vulnerabilità più diffuse c’è l’indecisione cronica. Si tratta dell’incapacità di prendere una posizione e mantenerla, che si manifesta anche negli eventi quotidiani: nell’orario in cui puntare la sveglia, nell’esitazione prima di fare una telefonata, nelle parole da usare per rispondere a una mail o a un messaggio. Se l’indecisione domina la quotidianità, figuriamoci che effetto può avere su questioni più complesse. Per chi è incapace di prendere una decisione, problematiche quali la ricerca di un lavoro, l’acquisto di una casa, il trasferimento in un’altra città, la fine di una relazione, sono come una morsa che gli stringe il collo, immobilizzandolo.

La mente dell’indeciso cronico è un tornado di idee e oscilla incessantemente da una di esse all’altra, come un pendolo. Un’idea prende forma nella sua mente e allo stesso tempo anche il suo inverso, e dunque il risultato finale è l’immobilità. Ad esempio, egli immagina di trasferirsi in Australia per iniziare una nuova avventura, e l’attimo dopo si rassegna all’idea di lavorare come impiegato nell’azienda di famiglia per tutta la vita. Quello dopo ancora, si convince che troverà una terza opzione che gli permetta di conciliare le due possibilità; va sul sito di una compagnia aerea per acquistare il biglietto per una vacanza di qualche mese nel Paese dei suoi sogni, ma quando deve completare l’acquisto si tira indietro e cambia idea. Questo comportamento indica che l’individuo non ha alcuna fiducia in quello che troverà sul suo cammino e, ovviamente, in se stesso.

Quando non abbiamo fiducia ci muoviamo nella quotidianità agganciandoci, letteralmente, a ciò che ci troviamo davanti, sostituendo questo ancoraggio a quello che dovremmo avere su noi stessi. L’indecisione cronica si accompagna, infatti, a una buona dose di deresponsabilizzazione: se non prendo una decisione, non mi sposto dalla posizione in cui sto, non rischio di sbagliare, di finire in una situazione peggiore di quella che sto vivendo, e non mi espongo. Questo ragionamento è grottesco, perché mentre io soffro e mi tormento nell’incertezza, il Sistema mi sta mettendo davanti qualcosa che mi serve per conoscermi, per sperimentare ciò che sono, donandomi preziose indicazioni per la mia crescita individuale. La mia eterna indecisione, però, farà sì che io non viva queste informazioni come opportunità di crescita, ma come una richiesta di presa di posizione che mi angoscia.

Qual è allora la soluzione alle catene che ci imprigionano nell’incertezza? Fede e fiducia. Quando siamo davanti a un bivio, o a qualcosa di nuovo, dobbiamo prendere una direzione; non è possibile sapere cosa troveremo nella direzione scelta, ma ci muoviamo lo stesso verso di essa. In questo consiste la fiducia: fare un passo nel vuoto, camminare verso qualcosa di ignoto, con la fede che tutto ciò che incontreremo sul nostro cammino è per noi. La vita di ognuno è come una “storia a bivi”, in cui coesistono svolgimenti narrativi diversi, influenzati dalle scelte del lettore, che conducono tutti ad uno stesso finale. L’Autore che ci ha creato ha scritto il libro della nostra vita, nel cui finale troveremo finalmente ciò che siamo, percorrendo diverse tappe esperienziali; lo stato emotivo in cui le affrontiamo darà loro una specifica espressione. Se rimaniamo fermi davanti ad un nuovo capitolo, quindi, significa che non stiamo leggendo, e quindi vivendo la nostra storia.

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