Gli elementi di perturbazione sono il motore dell’evoluzione. Perché essi possano perturbarci, dobbiamo contenere quel valore dentro di noi, altrimenti non avrebbero alcun effetto. Se vediamo qualcosa che ci fa arrabbiare, la rabbia è nell’oggetto o dentro di noi? Dentro di noi, perché sono io che mi sto arrabbiando, sta sorgendo da dentro di me la rabbia, quindi qualcosa dell’oggetto ha suscitato questa emozione dentro di me, le ha dato forma, e la fa emergere. E cosa faccio, la ricaccio dentro ed elimino l’oggetto? Cosi facendo la rabbia rimarrà dentro di me, non l’avrò risolta, non l’avrò vista, non l’avrò conosciuta, e cercherò semplicemente di non suscitarla. Farò, quindi, un percorso che girerà intorno a tutti quegli oggetti che potrebbero suscitarmi questa rabbia.
Questo cosa implica? Che il mio campo di esperienza si riduce notevolmente, non sono più libero di sperimentare qualunque cosa, perché non voglio arrabbiarmi. Immagino, infatti, che questa rabbia sia una caratteristica intrinseca dentro di me, indesiderabile e fissa, cioè esista in relazione a quell’oggetto, senza indagare più a fondo. Perché quell’oggetto suscita in me rabbia? Che cosa si muove veramente dentro di me? Ecco, per fare questo processo bisognerebbe avere onestà e sincerità personale verso se stessi, quindi guardarsi allo specchio e dirsi la verità, veramente, che è il passo più “esoterico” possibile immaginabile, perché è un’indagine profonda, intensa, formidabile. E se io lo risolvo, dopo esserci passato attraverso e aver illuminato l’oggetto – perché prima o poi si ripresenterà quell’oggetto o qualcos’altro che farà emergere la stessa cosa, e io non mi libererò mai di questa cosa finché non l’ho risolta – dentro di me non ho più la rabbia, e neanche il suo contrario, ma ho conoscenza, qualcosa di semplice che si trova davanti a me, semplicemente quello che è, con la sua giusta posizione.