Se osserviamo con attenzione quello che accade nella quotidianità, possiamo rilevare che il nostro stato può mutare in relazione allo spazio in cui ci troviamo. Può capitare, ad esempio, che entrando in un antico palazzo veniamo assaliti da sensazioni di angoscia, disagio, pesantezza, oppure, al contrario, passeggiando in un bosco proviamo una sensazione di benessere e tranquillità. Per quale motivo accade questo?
Come abbiamo visto nell’articolo precedente, ogni spazio è un ente in continuo mutamento, poiché esso evolve nell’interazione con chi lo utilizza. In secondo luogo, osserviamo che le emozioni hanno una caratteristica radiante: quando noi proviamo qualcosa, attraverso il principio di interconnessione che lega ogni forma esistente, questo qualcosa viene trasmesso all’ambiente intorno a noi. È tuttora ignoto in che modo avvenga la trasmissione dell’emozione, ma rileviamo che essa è in grado di dare forma a uno spazio, in quanto al suo interno possiamo appunto sentirci “bene” o “male”.
Quando accediamo ad uno spazio, la forma radiante dell’emozione viene letta da ciò che noi siamo in quel momento, e genera in noi uno specifico stato. Questo stato emotivo sorge da dentro, ed è il frutto dell’interazione tra osservatore e oggetto osservato; esso genera una chimica, un terzo fattore che è compatibile e contiene il nostro stato in quel momento e ciò che sta irradiando lo spazio.
Verranno quindi richiamati dentro di noi gli elementi risonanti con la specifica frequenza dello spazio, ed essi daranno forma al nostro contenuto emotivo, attraverso i pensieri che ci verranno in mente. Se così non fosse, ci sentiremmo tristi o allegri ma non ne capiremmo il motivo. Se indaghiamo a fondo, scopriremo che se uno stato prende forma sempre attraverso lo stesso tipo di pensieri, questo fenomeno ci sta indicando che “lì” si trova qualcosa di irrisolto che richiede la nostra attenzione.