Circa quarant’anni fa, negli anni ’80, iniziarono le prime espressioni codificate del cosiddetto marketing strategico. Come ben sapete, quando nasce un nuovo progetto, esso ha sempre un profumo puro, originale, che poi può svilupparsi secondo diverse strade. Sussisteva la teoria secondo la quale una struttura, per poter avere un ritorno, doveva disseminare. Stiamo parlando, ovviamente, di un’epoca in cui non c’era ancora Internet, e le piattaforme istantanee di comunicazione. Se si stava ad esempio cercando clienti per un’attività appena nata, come si faceva a sapere dove puntare esattamente?

Il suggerimento era quello di seminare a largo raggio, perché qualcosa sarebbe tornato, anche se non da lì. Si sperimentava, quindi, inviando lettere, e in seguito arrivavano persone o succedevano eventi, ma nessuno come conseguenza diretta di una di queste lettere. Uno potrebbe pensare, quindi, secondo il vecchio schema, che sono state mandate inutilmente, perché tanto le persone sono giunte ugualmente, ma non è così. Il muoversi in quella direzione ha generato un’onda, che di ritorno ha portato qualcosa, arrivando da una fonte completamente diversa.

Informarsi, quindi, su come una persona è venuta a conoscenza di un’attività commerciale, per targettizzare e veicolare la pubblicità, è un esercizio inutile. L’importante è seminare, mandar fuori, e ciò che ti deve tornare, ti torna. Da dove? Non si sa, ma per qualche ragione accade. Può accadere dopo qualche tempo, non nell’immediato, chi può dirlo, ma è necessario non avere un’aspettativa, o meglio non si dovrebbe fare per ricevere; quando ti muovi, lo fai esclusivamente guidato dal piacere del momento. La funzione sottostante, in realtà, è talmente complessa, che si potrebbe dissertare per ore, approfondendo ciò che accade davvero quando semini le patate, tutto quello che ha generato quel fare. La stessa cosa, ovviamente, vale per qualsiasi altra azione.

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