Nel percorso di ricerca di noi stessi, in tanti abbiamo perseguito la Conoscenza, convinti che essa fosse un presunto oggetto ideale, indipendente da noi, difficilmente raggiungibile. Ce l’avevamo costantemente sotto gli occhi, ma guardavamo da un’altra parte, convinti che per averla avremmo dovuto superare durissime prove o leggere tomi in lingue antiche ed estinte. In realtà, la conoscenza si trova nella quotidianità: ogni volta che facciamo esperienza di una forma, raccogliamo informazioni che diventeranno conoscenza, e saranno parte di noi cambiandoci per sempre. La conoscenza è qualcosa di permanente. Fino ad ora, dunque, non la abbiamo realmente esplorata. Se guardiamo alla nostra vita, osserviamo che essa è piena di punti di riferimento “stabili”, che definiscono la nostra identità e i nostri confini personali: il lavoro, l’orientamento politico, la squadra del cuore, gli amici, le vacanze, l’onore, l’onestà, ecc., ma ognuno di essi è precario e relativo, perché possiamo perderlo in qualunque momento.

Immaginiamo di essere i manager di una casa automobilistica: tutti in azienda ci rispettano e riconoscono il nostro ruolo, la nostra carriera è in ascesa, abbiamo tanti soldi e una villa con piscina in cui ci aspettano una bellissima moglie e una costosa auto. Ci siamo ancorati a questi riferimenti, con la segreta paura che ce li portino via, perciò li difendiamo stipulando un’assicurazione, coltivando i “contatti giusti”, riempiendo nostra moglie di regali. A questo punto, potremmo già rilevare che, se abbiamo paura di perdere qualcosa, evidentemente questo qualcosa è un’illusione, un miraggio, ed è relativo, ma per ora non ce ne rendiamo conto.

Ipotizziamo che un giorno ci svegliamo in una foresta dell’Africa subsahariana, territorio di una tribù di nomadi e guerrieri. Qui tutti i riconoscimenti “sociali” vengono attribuiti ai grandi guerrieri e cacciatori. A cosa ci potranno servire tutti i nostri ancoraggi? A cosa serve l’auto senza strade da percorrere? E le carte di credito senza negozi? Con i contanti del portafogli potremmo al massimo accendere un fuoco! Vivendo in mezzo alla tribù, comprenderemo che l’unica cosa utile a nostra disposizione è il noioso corso di sopravvivenza fatto nella settimana di team building aziendale. Mettendo in movimento le informazioni acquisite e dando loro uno scopo, poco a poco sorgeranno anche i ricordi dei campi scout: come si accende un fuoco, le erbe spontanee commestibili, come si costruisce un riparo improvvisato. In definitiva, cosa ci sarà davvero utile? La nostra conoscenza, ciò che abbiamo sperimentato, di cui abbiamo memoria, che ci ha cambiato e farà parte di noi per sempre.

La conoscenza è qualcosa di reale, è un assoluto. Quando un’informazione si aggiunge al nostro bagaglio conoscitivo, essa diventa parte integrante di noi. In altre parole, siamo la somma di tutto quello che abbiamo vissuto fino a oggi, più ogni nuova informazione acquisita. Ognuna di esse è un tassello di ciò che siamo che viene svelato, e di conseguenza noi cresciamo, ci espandiamo. Le informazioni acquisite nel corso della nostra vita, quindi, sono l’investimento più fruttifero che potremmo mai fare, e sono anche un reale infinito, poiché l’informazione è permanente e infinitamente declinabile.

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