Volete conoscere l’origine di questa sublime e celestiale grandezza? Le sensazioni pure e vergini che ebbi fin dal grembo materno e la luce divina con cui sono nato sono le più sublimi fino a questo giorno, nel quale posso vedere l’Universo. Per grazia di Dio, esse mi hanno accompagnato nel mondo e, per un Suo speciale favore, le posso ricordare ancora. In verità, sembrano i più grandi doni che la Sua sapienza potesse farmi, perché, senza di esse, gli altri doni sarebbero inutili e morti. Non si può ottenerle per mezzo dei libri e perciò le spiegherò in base all’esperienza. […] Essi vi faranno sentire come angeli, interamente celestiali. Certamente, Adamo, in Paradiso, non provò sensazioni più dolci e più singolari di quelle che io provai da bambino.
All’inizio tutto appariva nuovo e strano, ineffabilmente eccezionale, delizioso e bello. Ero un piccolo straniero, che entrando nel mondo fu festeggiato e circondato da innumerevoli gioie. La mia conoscenza era divina. Conoscevo per intuizione quelle cose che […] ricordavo di nuovo per mezzo della ragione più alta. La mia ignoranza era un vantaggio. Sembravo una persona ancora nello stato d’innocenza. Tutte le cose erano immacolate, pure e gloriose; sì, e infinitamente mie, e piene di gioia e preziose. Ignoravo che esistessero peccati, sofferenze o leggi. Non pensavo a povertà, controversie o vizi. Lacrime e contrasti erano nascosti ai miei occhi. Tutto era pacifico, libero e immortale. Non sapevo nulla di malattie, di morte, di divisioni o di esazioni, sia di denaro sia di pane. In assenza di tutte queste cose, m’intrattenevo come un angelo nelle opere di Dio, con il loro splendore e la loro gloria, e vedevo tutto nella pace dell’Eden; Cielo e Terra cantavano le lodi del mio Creatore e non potevano essere più melodiche per Adamo che per me. Il tempo era eternità e un perpetuo sabato di festa. Non è forse strano che un bambino sia l’erede del mondo intero e veda quei misteri che i libri dei dotti non hanno mai spiegato?
Il grano era un frutto immortale che nasceva da solo e che non doveva né essere mietuto né essere seminato. Credevo che esistesse da sempre. La polvere e le pietre della strada erano preziose come l’oro: cancelli chiudevano i confini del mondo. I verdi alberi, quando li vidi per la prima volta attraverso uno dei cancelli, m’incantarono e mi affascinarono: la loro dolcezza e la loro eccezionale bellezza mi fecero balzare in petto il cuore e mi fecero quasi impazzire di estasi, tanto erano strani e meravigliosi. E gli uomini… oh, quali venerabili e nobili creature sembravano i vecchi! Cherubini immortali! E i giovani sembravano angeli sfolgoranti e sfavillanti, e le fanciulle strani e serafici modelli di vita e di bellezza! I ragazzi e le ragazze, mentre camminavano per le strade e giocavano, sembravano gioielli viventi. Ignoravo che essi fossero nati e dovessero morire: ogni cosa sussisteva eterna, al suo giusto posto. L’eternità si manifestava alla luce del giorno e qualcosa d’infinito appariva dietro a ogni cosa, il che corrispondeva alle mia aspettative e veniva incontro ai miei desideri. La città sembrava far parte dell’Eden o essere costruita in Cielo. Le strade erano mie, il tempio era mio, la gente era mia, i loro vestiti e il loro oro e argento erano miei, così come i loro occhi sfavillanti, la loro gradevole pelle e i loro rosei visi. I cieli erano miei, così come il sole e la luna e le stelle, e tutto il mondo era mio; e io ne ero il solo spettatore e fruitore. Ignoravo ogni rozza proprietà, ogni legame, ogni divisione: tutte le proprietà e tutte le divisioni erano mie, nonché tutti i tesori e i loro possessori. Così, soltanto con molto fastidio, io fui corrotto e imparai gli sporchi meccanismi di questo mondo. Devo perciò dimenticare queste cose e diventare di nuovo, per così dire, un bambino per poter entrare nel Regno di Dio.
Thomas Traherne, Centuries of Meditations, III, 1, 2, 3