Ogni forma che esiste ha una funzione e uno scopo, una giusta posizione all’interno del sistema a cui appartiene. Anche noi esseri umani, ovviamente, abbiamo un compito da svolgere, e si manifesta nello scoprire il nostro specifico ruolo nel sistema. Questo significa seguire la linea di ciò che siamo mettendola in mostra nel movimento quotidiano, facendola splendere, cosi come un gabbiano che è stato progettato per volare e per pescare le prede a pelo d’acqua mostra ciò che è nel suo movimento.

C’è però una parte di noi che non accetta la logicità di questo assunto, e ci stimola dubbio e indecisione, bloccando il nostro movimento naturale. Essa si esprime nella forma di un consigliere che ci parla costantemente all’orecchio, ponendoci tutti i pro e i contro di un’azione e anche del suo inverso, rendendo quindi impossibile prendere una direzione. Questa parte, che possiamo chiamare principio di resistenza o egoista, vede in questa semplicità una sorta di determinismo vincolante, un freno all’illusione di poter scegliere cosa essere. Ma in realtà abbiamo scelto noi di nascere? Abbiamo scelto il nostro attuale corpo, avendo davanti agli occhi una sorta di armadio dal quale attingere le nostre caratteristiche fisiche? Ovviamente no. Sappiamo che siamo nati cosi come siamo, e non abbiamo scelto noi di esser cosi; dunque proveniamo da qualcosa che ci precede, di cui siamo uno dei risultati presenti.

Questo implica che ci è stato assegnato un ruolo da interpretare all’interno del sistema. Quando riconosciamo di averne uno, qual è la cosa più coerente da fare? Svolgerlo, esprimerlo, manifestare il suo potere. Invece di ascoltare il consigliere, dunque, seguiamo l’istinto del corpo: se ci dirige in una direzione, è quella da prendere, perché essa è coerente con un piano più vasto, con l’intera nostra storia, durante la quale scopriremo chi siamo.

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