Il grande male di sempre, e che da sempre esige soluzione, è la solitudine. È il sentirsi soli in mezzo agli altri, è la paura del giudizio, della presa in giro, dell’umiliazione. Dell’essere “nessuno” in mezzo agli amici, di non essere ascoltati e ovviamente compresi dal gruppo. Piccoli e grandi complessi, che affliggono ognuno di noi, trovano nella rete una possibilità di riscatto. Li, possiamo mentire e dire di essere e poter fare tante cose, prendendo in giro tutti e, alla fine, anche noi stessi. Ci dimentichiamo, però, che, come per la legge del contrappasso, tutti quelli che richiedono il contatto con noi, lo fanno più o meno spinti dallo stesso bisogno. È difficile essere falsi o poco veri, e poi aspettarsi invece cristallina onestà e chiarezza dagli altri, con i quali scambiamo i nostri segreti e le nostre intimità. Il nostro livello d’attenzione, in questo modo, cade, e vige il principio secondo cui se tu accetti una cosa che dico di me, io ne accetto una che tu dici di te! Così via, e così discorrendo, intratteniamo rapporti che si trasformano in pura fiction, e che scambiamo per veri, poiché questa è la condizione posta all’altrui accettazione delle nostre proiezioni. Quante persone ho sentito lamentarsi della falsità, dell’ipocrisia e della mania di protagonismo in rete, e poi, dando un breve sguardo al loro profilo, era evidente che manifestassero la medesima sindrome. Qualcuno ha detto che noi siamo la media delle cinque persone con cui abbiamo maggiori contatti.

Per chi vive prevalentemente sui social network, provate dunque a fermarvi un istante, e a pensare di chi siete la media! Naturalmente, quanto detto sopra è ancora più amplificato dal senso di identità in evoluzione di un bambino o di un adolescente,con la differenza che un bambino o un adolescente ha un sistema di governo degli impulsi ancora acerbo e sconvolto dalle mutazioni sistemiche e tempeste biochimiche della crescita. Un adulto, che dovrebbe invece avere cognizione di causa e capacità d’intendere e volere, è invece sconvolto dalla percezione di aridità emotiva in assenza di stimoli forti e densi, e da quella sensazione di vuoto, di mancanza, che non riesce mai veramente a colmare. È difficile, quindi, per l’adulto non proiettare sul proprio cucciolo il suo personalissimo bisogno, consentendogli e, spesso, incoraggiandolo ad avere tutti quei balocchi che hanno anche gli amici, senza i quali, egli pensa, potrebbe entrare in una condizione d’inferiorità. Una volta acquisiti gli strumenti, però, è difficile porre dei limiti al loro utilizzo e destinarli, ad esempio, solo all’interazione didattica o alla necessità di comunicare con la famiglia. L’abuso dei supporti tecnologici, infatti, non si ferma al tempo che dedichiamo davanti a un computer. Soprattutto gli apparati mobili, che in un mondo ideale potrebbero essere veri e propri supporti amplificanti della nostra facoltà di comunicare ed espandere la nostra conoscenza, sono quelli che ci spingono all’isolamento dall’orrifico mondo circostante, anche quando siamo in movimento. Spinti dall’irresistibile impulso a riempire i vuoti della nostra vita, usiamo contenuti irreali invece di percepire ciò che sta intorno a noi. Ci costruiamo barriere con l’ipod, e, in attesa del prossimo sms o instant message, riempiamo quel vuoto con suoni e immagini che ci danno una breve emozione istantanea, ma che contribuiscono a farci perdere la nostra umanità. Il senso di separazione, incredibilmente, ci fa sentire al sicuro, perché i sensi assorbiti da un contenuto artificiale ci proteggono dagli sguardi, dall’attenzione altrui e da quegli stimoli che potrebbero danneggiare la nostra già fragile struttura psicologica. Chiediamoci perché il mondo si sta muovendo nella direzione dell’anestesia sensoriale!

Perché le industrie si concentrano a produrre “contenuti” per la nostra mente, che ci spingono sempre più verso una percezione dell’irreale e della finzione, invece che aiutarci ad approfondire la realtà? Chiediamoci perché i nostri cuccioli preferiscono sempre più rinchiudersi in un mondo soggettivo, di fantasia, separato da tutto e da tutti. Entrare nel reame del complottismo, però, è un esercizio intellettuale inutile, poiché non risolverebbe il vero problema. Il problema è che noi abbiamo la possibilità di scegliere, e decidiamo di addentrarci in un territorio che ci rende schiavi,vulnerabili e, soprattutto, preda di coloro che percepiscono l’opportunità di abusare dei propri simili, nella fattispecie dei più deboli e indifesi. Eppure, se non siamo in grado di trovare un’altra soluzione alle sindromi sopra descritte e, soprattutto, all’invadente presenza della solitudine, stiamo dando ai nostri figli gli strumenti che potrebbero determinare il loro deterioramento psicologico e cognitivo, aiutandoli a sviluppare un senso d’identità falso e deviato, che scandirà il loro futuro. La conseguenza è quella di generare adulti che sono solo mezzi uomini e mezze donne, con un sistema immunitario debole o inesistente, che li rende e renderà appetitosi bocconcini per i predatori della rete, se non lo diventeranno loro stessi! Chiediamoci una volta in più se è questo il destino che auguriamo loro!

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