Cosa possiamo fare nella nostra vita quotidiana per trovare noi stessi? La ricerca di sé è un percorso attraverso cui scopriamo la nostra funzione e il nostro potenziale, che sono unici, sperimentandoli all’interno di diversi contesti. Non si tratta di un percorso facile e privo di ostacoli, come auspicherebbe il principio egoista dentro di noi, che cerca in ogni modo di farci permanere in uno stato di inerzia, rifiutando qualsiasi cambiamento o problema si manifestino davanti a noi. Al contrario, è lungo e ricco di sfide, e in un movimento naturale può durare ben più del tempo di vita medio che siamo abituati a vedere in un corpo umano. La ricerca di sé è equiparabile a una delle avventure del Signore degli Anelli, ma a differenza della storia del libro, è una missione verso una meta sconosciuta.
Mentre si svolge la storia e percorriamo il cammino verso noi stessi, comprendiamo sempre qualcosa in più della nostra identità. Alcuni tratti del cammino sono in mezzo alla nebbia o dentro foreste, o ancora in deserti apparentemente sterili; incontriamo creature che ci possono spaventare, e dobbiamo imparare a convivere con la nostra mancanza di fiducia, la paura, il dubbio. Ma tutto questo ci servirà solo a uno scopo: imparare a riconoscere chi siamo. Siamo infatti noi quella costante matematica che rimane tale ad ogni cambiamento: eravamo noi nella nebbia, e quando abbiamo imparato ad usare la spada; quando abbiamo mentito, truffato; quando siamo caduti e ci siamo rialzati; quando abbiamo sperimentato degli attaccamenti, e siamo stati ispirati o tentati. E quando abbiamo vissuto qualcosa che non siamo, credendo che facesse parte di noi, ci è stato utile perché per riconoscere ciò che siamo dobbiamo prima vivere il suo inverso. E quando avremo infine raggiunto la meta, avremo anche compreso il significato del viaggio.
L’avversità più grande che incontriamo in questa avventura è l’egoista che alberga in noi, che ci induce a restare fermi, a preferire “la strada vecchia per la nuova”. Il modello di conformità sui cui esso si basa si esprime nelle convinzioni che abbiamo: pensiamo ad esempio di essere in un modo o nell’altro, che ci piaccia la città e non la campagna, che non siamo portati per i lavori manuali, che non abbia senso conoscere lingue e culture differenti dalla nostra e così via. Ma in questa zona di comfort siamo a nostro agio, sereni, felici, incuriositi da quello che abbiamo intorno, o ci sentiamo spesso stressati, frustrati o anche arrabbiati? La nostra identità e origine ci richiamano costantemente, mentre noi viviamo in una finzione, illudendoci che dei valori fittizi definiscano la nostra identità. Ecco perché ci arrabbiamo se qualcuno mette in discussione ciò che crediamo di essere, per esempio dicendoci che in fondo non siamo delle brave persone. Ed ecco perché ci sentiamo a disagio e in colpa quando arriva qualcosa di nuovo nel nostro orizzonte che ci perturba, e lo rifiutiamo: abbiamo l’istinto a indagarlo, ma lo giudichiamo, vivendo un fortissimo conflitto interiore tra l’esploratore e l’egoista che convivono in noi.
Queste convinzioni sono ovviamente un limite a tutte le possibilità che ci si schiudono ogni giorno davanti, alla nostra capacità potenzialmente infinita di ricontestualizzarci. Se pensiamo che le nostre convinzioni ci definiscano e rappresentino, non avremo mai occhi per vedere qualcosa di diverso, e quindi per scoprire ciò che siamo veramente.