Una delle possibilità più affascinanti nel campo di quella che viene comunemente chiamata Magia, che ha preso forma attraverso fiabe, racconti, leggende, manufatti e costruzioni di vario tipo, è la realizzazione dei propri desideri. Chi non ha mai sperato di trovare un oggetto con questi poteri, o di incontrare un essere in grado di darti tutto ciò che vuoi? Sarebbe la fine di qualsiasi frustrazione: il povero diventerebbe ricco, la bruttina prenderebbe le sembianze di una donna sexy, il secchione bullizzato diventerebbe popolare nella sua scuola. Il grande amore, la vincita di una grande somma di denaro, l’estinzione di un mutuo, la pace nel mondo e la vendetta sono solo alcune delle più comuni richieste che si farebbero a un ipotetico genio della lampada.
A fronte di queste pittoresche scene di vittoria personale, si è però tramandato un ammonimento, anch’esso veicolato da opere letterarie e produzioni cinematografiche, e che possiamo sintetizzare negli assunti “la magia ha sempre un prezzo” e “stai attento a ciò che desideri, potresti ottenerlo”. Perché si crede così? Per un semplice motivo: ognuno di noi convive con un inquilino interiore, che chiameremo “egoista”, che orienta ogni nostra richiesta e ogni ipotetico desiderio. Chi è l’egoista? Potremmo descriverlo in tanti modi, ma soffermiamoci su uno in cui possiamo facilmente ritrovarci. L’egoista è quella vocina che ci parla all’orecchio tutto il giorno, e dichiara la sua opinione al riguardo su ogni decisione da prendere e prima di ogni movimento, vincolandoci e bloccandoci con terribili dubbi. Può ad esempio perturbarci con domande come “Avrò fatto la scelta giusta?” oppure “Cosa penseranno gli altri di me se mi metto quella gonna?”, o anche dilemmi come “Scelgo il lavoro di cameriere o di operaio? Ok, quello di cameriere, così non faccio i turni di notte. Ma se poi lo stipendio è troppo basso? E se mi sfruttano?”; o ancora “Ho proprio fatto un buon lavoro, come mai nessuno si complimenta con me?”. E così via. L’egoista ci accompagna in veste di chiacchiericcio mentale continuo, che non solo fa da sottofondo a ogni movimento, ma lo guida.
Per comprendere meglio quanto la sua presenza sia grottesca, e quanto siano dannosi gli effetti della sua influenza per la vita di ogni individuo, facciamo un esempio. Immaginiamo di saper guidare l’automobile, e di doverla utilizzare per andare a Roma. Come è noto, saper guidare un’auto significa compiere in modo meccanico specifici movimenti che permettono al veicolo di muoversi, di effettuare un determinato tragitto per raggiungere una destinazione, di accedere ad uno spazio di parcheggio, e così via. Immaginiamo dunque che, appena saliti in macchina, siamo assaliti dai dubbi sulla procedura di guida. Comincerebbe un ridicolo dialogo interiore in cui ci domanderemmo se qualsiasi azione stiamo compiendo sia quella corretta. Ci chiederemmo quale è la prima azione da fare per accendere la macchina e ipotizzeremmo: “devo girare la chiave? No, prima devo mettere in folle? Ok, ecco fatto, allora accendo il motore, e poi? Ah già, premo la frizione e faccio retromarcia, poi giro il volante per sterzare e spostarmi da qui, e poi premo anche l’acceleratore”. Nonostante questo inizio tormentato, il nostro viaggio comincia. Mentre siamo per strada, dominati ancora da uno stato di confusione e insicurezza che aleggia su ogni nostro movimento, iniziamo a guidare ma, invece che tenere un’accelerazione costante e adeguata alla marcia che utilizziamo, aumentiamo improvvisamente la velocità, poi la rallentiamo, e infine sterziamo violentemente a destra, poi a sinistra. Addirittura, ad un certo punto tiriamo il freno a mano, facendo fermare la macchina al centro della strada. In questo caso, arriveremo mai alla nostra destinazione? Probabilmente no, ma anche se dovessimo riuscirci, e supponendo di arrivarci tutti interi, come ci sentiremmo all’arrivo? Ecco, questo è ciò che viviamo ogni volta che formuliamo un obiettivo e non riusciamo ad ottenerlo, e tutte le volte che compiamo un’azione e otteniamo un risultato che non ci dà nessun reale beneficio.
Per ottenere qualcosa, infatti, occorre focalizzarsi con tutte le proprie forze per raggiungerlo, a tutti i costi e nonostante tutto. Ma non lo facciamo praticamente mai, perché le vocine sono insidiose, la loro tentazione è forte e, a dire il vero, esse sono anche rassicuranti, perché dar loro retta ci permette di restare nella nostra zona di comfort. Cos’è la zona di comfort? È la nostra abitudine all’inerzia, la paura del cambiamento, che si manifesta in forme diverse per ognuno di noi; essa veicola sempre quelle convinzioni che bloccano il nostro movimento. Quante volte abbiamo detto o abbiamo sentito dire da altri “Non ce la farò mai!”, “Non sono in grado”, oppure “Sono tutti più bravi di me”, “Tizio ce l’ha fatta perché è raccomandato, ovviamente!”, “Caio riesce ad arrampicarsi perché è più agile di me, io invece sono un orso, come faccio a salire lì sopra, non è giusto”? Siamo così incantati da queste convinzioni – perché proprio di incantesimo si tratta, le abbiamo generate noi, tanto tempo fa, ed esse hanno preso forma nelle catene che ci vincolano – che quando un personaggio di un libro o di un film riesce a superarle in qualche modo, che è sempre doloroso, lo guardiamo a bocca aperta, con estrema ammirazione e anche invidia, e per noi diventa un eroe.
Ma torniamo, dunque, al nostro genio della lampada. Cosa crediamo possa donarci, se gli facciamo una richiesta con tali remore? E inoltre, dato che viviamo in preda a piccoli continui dubbi e all’insicurezza, come possiamo pensare di sapere cosa realmente ci serve, e che ciò che chiediamo sia quello di cui abbiamo realmente bisogno? Partendo dall’assunto logico per cui l’Universo risponde sempre a qualsiasi richiesta, in quanto, se viene fatta una domanda, da qualche parte esiste già una risposta, guardiamoci dentro con sincerità, e osserviamo cosa stiamo davvero chiedendo e perché. Potremmo, infatti, ottenere dal genio della lampada un’enorme somma di denaro, per poi sperperarla nel peggiore dei modi. La cronaca riporta le storie di tante persone che, dopo aver vinto alla lotteria, si sono tolte la vita, oppure sono diventate più povere e infelici di prima. Nella quasi totalità dei casi di realizzazione di un “desiderio”, inoltre, si manifesta la paura di perdere ciò che si è ottenuto, e dunque lo si protegge con mille sistemi d’allarme; si può anche maturare l’ossessione che chiunque ci venga a trovare a casa ci possa derubare, e quindi si finisce la propria vita in preda all’avidità e alla solitudine. La stessa dinamica si verifica anche per la richiesta di un lavoro, del “principe azzurro”, dell’avvenenza fisica e della giovinezza.
Questo avviene perché l’unica domanda valida, la cui risposta non ci deluderà né ingannerà mai, è quella di raggiungere la conoscenza. La conoscenza è l’unico bene che non potrà mai essere derubato, l’unico investimento sempre sicuro e redditizio, che non solo ci accompagnerà per sempre, ma si accrescerà all’infinito, generando da sé nuovi rami nei quali far crescere nuovi frutti che possiamo indagare.