L’afflizione dello schieramento può essere definita radice, in quanto da essa sono sostanzialmente derivate tutte le altre. È un’infezione, un’anomalia che si tramanda di corpo in corpo, generazione dopo generazione, da millenni, e colpisce tutti gli esseri umani. Basta infatti guardarsi intorno, accendere la tv o leggere un articolo di giornale, per rendersi conto di quanto sia importante e soprattutto automatico per un individuo schierarsi. Abbiamo ad esempio la destra e sinistra politica, i gruppi pro o contro l’aborto, i vaccini o la vivisezione; i tifosi di una squadra di calcio, o le Contrade del Palio di Siena, e cosi via. L’abitudine allo schieramento è cosi forte da aver costruito l’illusione socialmente condivisa per la quale se non siamo pro qualcosa, allora siamo per forza contro.
Quale forma assume uno schieramento? Possiamo immaginarlo graficamente come un foglio pieno di linee parallele e dunque prive di un centro comune. Poiché ognuna di esse detiene un punto di vista unico e soggettivo, le linee si percepiscono come divise e diverse tra loro, e per questo motivo non riescono a trovare un punto d’incontro. Nel campo scientifico, ad esempio, biologia, fisica e chimica sono tre branche altamente specializzate con un loro sapere circoscritto, e sono apparentemente divise. Ipotizziamo che un chimico nelle sue ricerche scopra delle informazioni utili a comprendere una malattia del corpo umano studiata da tempo dalla biologia, e non voglia collaborare con i biologi perché “non appartengono al suo schieramento”. Quale risultato si otterrà? Nessuno.
La separazione tra linee differenti rappresentata dallo schieramento impedisce la creazione di strutture molecolari, ovvero la collaborazione tra parti che genera un concepimento. Quando l’afflizione viene invece superata, le differenti vedute e informazioni raccolte da un gruppo o da un singolo hanno la naturale predisposizione a completarsi, a evolvere e arricchirsi nel confronto, generando un intero.