È piuttosto diffuso considerare “artistici e poetici” solo alcuni aspetti della vita, mentre altri sono ritenuti “freddamente tecnici, scientifici, ingegneristici”. Questa percezione limita enormemente la possibilità di conoscere cose nuove, e di guardare ciò che ci circonda con meraviglia, analizzandolo a un livello di profondità maggiore per comprenderne il funzionamento. La parola Tecnologia, ad esempio, ci evoca perlopiù strumenti complessi e futuristici, come robot, smartphone, fotocamere digitali, connessioni internet in fibra, e così via. La sua etimologia dimostra che, invece, la parola ha un significato molto più ampio. Tecnologia deriva infatti dal latino technicus, “esperto di un’arte”, e dal greco téchne, che significa “arte, capacità di produrre”. Essa implica, dunque, la creazione di nuove forme di arte, che può avvenire in infiniti modi, sia con processi fisici che con processi figurati, e consiste nella combinazione di elementi semplici per generare un intero complesso. Da questa prospettiva, ogni opera umana è tecnologia finalizzata all’arte, anche il lavoro.

Allo stesso modo, ogni forma della natura è una struttura tecnologica del Sistema naturale, finalizzata a generare un prodotto, a produrre arte. Possiamo osservarlo, ad esempio, nel comportamento dell’ape e nella sua relazione con il fiore. Lo stesso corpo fisico è una struttura tecnologica infinitamente sofisticata, e al contrario di ciò che si pensa comunemente, la sua componente poetica, trascendente e divina risiede proprio nella sua bellezza e perfezione tecnologica: nella sua capacità di produrre risultati, di generare nuove forme per quello che esso è, in modo naturale.

Se riusciamo a fare un processo di unificazione, quindi, guardando ogni cosa per la sua funzione e in quanto forma che produce dei risultati, non scinderemo più l’ingegneria e la matematica dalla pittura e dal disegno o dal lavoro nella terra, e scopriremo con stupore che tutta la nostra quotidianità è attraversata da espressioni tecnologiche finalizzate all’arte.

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