Sentiamo spesso parlare di “trovare il proprio posto nel mondo”, ma ci siamo mai soffermati a comprendere cosa significhi veramente? Queste parole ci richiamano alla mente poetiche immagini di libertà e incontri predestinati, ma quasi sempre, all’atto pratico, ciò che otteniamo è qualcosa di molto meno allettante. Il proprio posto nel mondo, infatti, si riduce comunemente ad un pass per iniziare a svolgere la sequenza socialmente accettata: lavoro – vita sociale e sentimentale – svago e divertimento – pensione e fine della vita.

Per comprendere meglio, analizziamo uno scenario familiare a molti di noi. Dopo mesi di ricerche e di curricula inviati senza aver ricevuto una risposta, Anna trova finalmente lavoro. Incredula, lo comunica immediatamente a sua nonna, che le dice “Che bella notizia! Stai trovando il tuo posto nel mondo!”. Anna si sente appagata, e si convince di essere sulla giusta strada per la sua realizzazione personale. E così, col sorriso sulle labbra, entra nel grande calderone di coloro che credono di avere ottenuto la loro posizione.

Inizia la sua nuova vita. Tutti i giorni feriali si alza alle 7.30 e si prepara per andare al lavoro. Durante le sue otto ore in negozio, svolge dei compiti che in pochi mesi di gavetta le sono diventati familiari: riordina la merce negli scaffali, sta alla cassa, consiglia i clienti sui loro acquisti. Sa esattamente come e quanto sorridere, e sceglie accuratamente il linguaggio da utilizzare in base al tipo di cliente che sta servendo. Ha imparato tutto questo alla perfezione, perché così il suo capo la riterrà all’altezza e le rinnoverà il contratto. Finita la giornata di lavoro, Anna va spesso a fare un aperitivo con i colleghi, con i quali parla delle agognate ferie, di come e dove le passerà. Ha bisogno di un’ora di relax e divertimento per “staccare” dallo stress del lavoro. La sera, torna a casa, si prepara la cena, e mangia davanti al pc, guardando qualche puntata di una serie tv. Dopo qualche messaggio in chat e sguardo alle notifiche dei social, va a dormire.

Questa non è solo la giornata tipo di Anna, ma anche di molti di noi. Ma se sapessimo che cosa realmente significa avere un posto nel mondo, ovvero una funzione unica all’interno di tutto ciò che è stato creato, la nostra giornata sarebbe ricca di scoperte, di nuove cose da imparare, di idee e progetti, invece di essere monotona, banale e sempre uguale. Per quanto ci sentiamo spesso, infatti, posizionati in modo casuale nel grande libro dell’esistenza, non è così: abbiamo un’utilità, allo stesso modo di un albero che grazie alle sue salde radici contribuisce a impedire l’erosione del terreno, e di un ponte che unisce due villaggi permettendo loro di comunicare e scambiare i propri prodotti alimentari. Solo che niente e nessuno, né i genitori, né la scuola, né i libri né i film ci aiuta a trovare un senso, una giusta posizione e quindi uno scopo nel creato. Dobbiamo trovare da soli il nostro posto nel mondo. E il nostro movimento quotidiano deve essere indirizzato all’unico obiettivo di cercarlo.

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