Grazie alle infinite maschere che possiamo potenzialmente indossare, ognuno di noi è “uno, nessuno e centomila”, proprio come il titolo del romanzo di Pirandello. Vediamo perché, e cosa significa dal punto di vista della relazione tra corpo fisico e Transiente, e della ricerca della nostra identità.

Partiamo dall’analisi etimologica della parola persona, che spesso usiamo impropriamente come sinonimo di individuo; l’individuo è la nostra identità, ciò che siamo e che stiamo cercando. Tornando invece a Persona, il termine deriva dal latino, con il significato di maschera teatrale, in riferimento alle maschere di legno indossate dagli attori nei teatri dell’antica Grecia e dell’Italia, per poter mettere in scena uno specifico personaggio. Queste maschere avevano una struttura adatta a far passare agevolmente la voce dell’attore attraverso il legno, affinché potesse raggiungere tutti gli spettatori. Se non ci fosse stata la maschera, l’attore non avrebbe potuto esprimere se stesso, dando voce a un personaggio. Questa dinamica espressiva viene vissuta anche dal Transiente, che ha bisogno di un corpo fisico per poter fare esperienza di sé e di tutto ciò che ha intorno, di un punto di ancoraggio al suo suono, che gli permetta di manifestarlo.

Abbiamo visto che il significato originario di persona rispecchiava uno strumento di cui ci si serviva; come mai è diventato indistinguibile da quello di individuo? Le maschere o persone sono altresì equiparabili agli infiniti ruoli che un Transiente dentro un corpo fisico può ricoprire. Nei nostri primi anni di vita, le connessioni neuronali sono infatti potenzialmente infinite, cosi come lo sono i contesti con cui possiamo relazionarci e fare esperienza. Man mano che diventiamo adulti, però, generiamo dei vincoli che fanno sì che ci identifichiamo con specifici contesti e quindi con i soli ruoli ad essi correlati. Quando postuliamo che solamente uno o un ristretto gruppo di ruoli ci rappresentano, li proponiamo in tutti i contesti in cui ci muoviamo, ottenendo spesso come risultato un rifiuto e/o un conflitto.

Quando infatti un contesto è incoerente con la maschera che stiamo indossando, esso reagisce facendoci sentire a disagio, o impedendoci addirittura di entrare: ciò può accadere, ad esempio, se ci presentiamo a una serata elegante in tenuta da jogging, che rappresenta il nostro ruolo di sportivo e salutista. D’altro canto, imponendo un ruolo disarmonico a un contesto e venendone rifiutati, ci convinceremo che esso non fa per noi, non riuscendo a riconoscere la nostra ostinazione nel proporre qualcosa di incoerente. Sarebbe come pretendere di lavare i piatti con un martello: il martello di per sé non è né giusto né sbagliato, è adatto ad essere utilizzato in specifici contesti, diversi da quello dei piatti dentro al lavandino. Ma se noi lo forziamo a un uso improprio, distruggeremo tutte le stoviglie.

Come avviene per un martello, anche le persone hanno una funzione, che è quella di farci esprimere il nostro potenziale, di far sentire il nostro suono attraverso la loro forma. Ogni ruolo che ricopriamo nella nostra esistenza ci arricchisce, perché ci permette di vedere nuove parti di noi. Proprio per questo motivo, occorre superare la resistenza a cambiare maschera, e a direzionarsi verso quelle che non vorremmo mai indossare o che ci mettono in difficoltà. Ciò che è agevole, comodo e piacevole, lo conosciamo già, è una maschera già sperimentata. Viceversa ciò a cui resistiamo ci fa interpretare e conoscere noi stessi dentro nuovi personaggi.

 

Share This